Sono un consulente aziendale, un coach e un consulente filosofico. Mi occupo di persone e organizzazioni. Qui scrivo di come cambiare le une e le altre. In particolare, ma non solo, con le pratiche filosofiche. Perchè, come dice Wittgenstein, "compito della filosofia è mostrare alla mosca come uscire dalla bottiglia". E... giusto per essere chiari: qui le mosche siamo noi. Per chi desidera scrivermi c'è l'e-mail paolo.cervari@gmail.com, mentre per saperne di più su ciò che faccio c'è www.cervari-consulting.com.

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martedì 1 aprile 2014

I misteri eleusini: la verità della mistica

"L'insegnamento che si riceve ad Eleusi deve restare segreto: del resto, ha ben poche probabilità di venire divulgato, in quanto è, per sua natura, ineffabile. Una volta formulato, non condurrebbe che alle certezze più banali: in questo appunto risiede la sua profondità."

M. Yourcenar, Memorie di Adriano  

domenica 30 marzo 2014

Io, il potere e la morte

"Volevo il potere (...) per essere interamente me stesso, prima di morire"

M. Yourcenar, Memorie di Adriano

mercoledì 1 gennaio 2014

Il senso della vita

Due frasi tra loro collegate , della stessa autrice: 

"Il modo migliore per dare più significato alle nostre vite consiste nel connettere le nostre azioni quotidiane con qualcosa di più grande di noi stessi – e quanto è più grande, tanto meglio."

"I giochi ci mostrano esattamente che cosa vogliamo dalla vita: un lavoro più soddisfacente, migliori speranze di successo, una connettività sociale più forte, e la possibilità di fare parte di qualcosa di più grande di noi stessi."

                                                                            Jane McGonigal, Reality is broken 

Il libro (che esiste anche in italiano, con il titolo La realtà in gioco, dove trovate le citazioni a pp 105 e 124), parla di come i giochi ci possono cambiare la vita. A tutti. Ma a parte le applicazioni della gamification  (anche aziendali), la cosa che trovo più interessante è per l'appunto quanto indicato dalle due citazioni sopra: sappiamo come si fa a essere felici e la strada per capirlo è il gioco. E qui azzardo un collegamento che sorprenderà: lo dice anche Giorgio Agamben. Mi piacerebbe che questi due si parlassero: non lo sanno ma sono molto allineati.  

Il comandamento per il 2014

Sei libero da ciò in cui non speri, e schiavo di ciò che desideri. 

                                                                                Ibn 'Ata Allah 

lunedì 2 dicembre 2013

Popolo e polizia

"I taxi erano disposti in un cerchio completo e sembravano una carovana che si fosse preparata per la notte formando una difesa contro gli apache, il fisco, i concorrenti che facevano prezzi stracciati e la gente intenzionata a prendersi quello che riteneva le spettasse di diritto".

Jo Nesbo (Polizia, 2013, p. 483) è meglio di Dickens, così come celebrato da Marx. E ve lo dimostro subito. Chi sono quelli da cui ci si difende mettendosi in cerchio? Lo stato (il fisco), il mercato (i concorrenti), i clienti, utenti e consumatori (la gente intenzionata a fare giustizia). 

E gli apache? Quelli sono nei film. E li sta la verità del nostro tempo (che Marx non poteva cogliere): è dall'immaginazione che ci viene il modello di realtà. I nostri profeti sono registrati su youtube. 


Fine della storia? Forse, eppure... perché gli apache mi ricordano quella cosa che non ha né forma né storia, che giace nel passato perché brama redenzione nel futuro, che emerge nel possibile per reclamare quanto non è riuscita ad essere e "sogna la fine del duro servir" (primo coro dell'Adelchi di Manzoni, che non cito a caso)?

Perché gli apache mi sembrano l'avatar, televisivo e spettacolare, di quanto oggi meno che mai si riesce ad evocare, o vocare o avvocare... ovvero il popolo? 

Si parla tanto di stato e mercato, di mercato contro stato e stato contro mercato, ma ecco che un volgare (sic!) scrittore di best sellers ci fa balzare addosso il popolo, gli apache. 

E tu dove stai? Chi sei? Sei un apache o uno della polizia? Oppure in quanto lettore li sogni tutt'e due?  

sabato 30 novembre 2013

La diva Julia è vera

"Roger dice che non esistiamo. Macché, solo noi esistiamo davvero. Loro sono le ombre a cui noi diamo sostanza. Siamo i simboli di tutto questo trambusto vano e confuso che chiamano vita, e solo il simbolo è reale. Dicono che recitare è soltanto finzione. Questa finzione è la sola realtà."

E' la pagina finale di La diva Julia di Somerset Maugham, grandissimo scrittore, e mi pare interessante perché mostra come la dialettica tra realtà e finzione sia complessa e paradossale. La vita "vera" quella dei personaggi non attori, è in realtà vana e confusa e solo la finzione degli attori sul palcoscenico, l'arte, è vera realtà. "Solo il simbolo è reale" dice Maugham per bocca di Julia, che è molto più perspicace di lui, il quale una riga dopo si precipita a filosofeggiare dicendo di lei che ha reinventato "di testa propria la teoria platonica delle idee". La teoria di Julia non è per nulla platonica. Se mai nietzscheana, forse, e comunque diversa da quella di Platone perché le ombre vane e confuse non sono riflessi delle splendide idee reali. Ne sono invece l'origine. L'arte, il linguaggio, il simbolo danno forma a qualcosa che c'è già e che loro prendono in carico, con una certa protervia e violenza, per portarlo a intelleggibilità.La finzione degli attori resta tale, non è la realtà più vera: "Tutto il mondo è teatro" dice, anzi pensa, poco prima Julia, "e uomini e donne solo commedianti". Insomma incipit coemedia, come mi pare citasse appunto Nietzsche riferendosi a Dante Alighieri. Una commedia divina, come divina è la diva Julia....

domenica 17 novembre 2013

L'intuizione va per forme e movimenti

"A una bambina di dieci anni, naturalmente, non era facile spiegare la teoria che stava alla base di una simile contrapposizione. Lei non capiva nemmeno la differenza tra rivoluzione e pace. Le sembrava solo che la rivoluzione fosse un modo di pensare appuntito, e che invece la pace avesse una forma arrotondata. I due modi di pensare, infatti, avevano forma e colore. E come la luna, diventavano pieni e calavano. Quella, più o meno, era l'idea che si era fatta sulla differenza tra pace e rivoluzione".

 Sono parole di Murakami (1Q84, pp 648/9) ed esprimono benissimo quello che ho inteso con altro post sul concetto di intuizione. Non è una facoltà misteriosa, ma una facoltà antica (sia in senso filogenetico che ontogenetico) e orientata a "farsi un'idea" prima di avere padroneggiato (come crediamo di sapere fare) il concetto. In realtà tutti i nostri concetti sono un miscuglio di queste "intuizioni" e altri elementi (forse, non sono sicuro che vi sia altro) e come il brano esprime bene, siamo qui nel dominio della metafora, per lo meno nel senso in cui la intende Lakoff, al cui proposito e in particolare al suo libro "Da dove viene la matematica. Come la mente embodied dà origine alla matematica" (2005) vi posso rimandare a questo bel post di Mario Esposito. Che è un'ulteriore conferma di quanto penso e ripenso da un po': così come ci dicono molti studi sull'empatia (su cui ho scritto qualche cosa, tra cui una parte di un libro, per maggiori informazioni potete andare qui) tutto si basa sul movimento. 

domenica 3 novembre 2013

Coaching e team coaching

E' un intervento fatto al convegno l'Altra Formazione il 3 Ottobre 2013. E' utile per capire cosa faccio sia in aula che nel coaching.