Sono un consulente aziendale, un coach e un consulente filosofico. Mi occupo di persone e organizzazioni. Qui scrivo di come cambiare le une e le altre. In particolare, ma non solo, con le pratiche filosofiche. Perchè, come dice Wittgenstein, "compito della filosofia è mostrare alla mosca come uscire dalla bottiglia". E... giusto per essere chiari: qui le mosche siamo noi. Per chi desidera scrivermi c'è l'e-mail paolo.cervari@gmail.com, mentre per saperne di più su ciò che faccio c'è www.cervari-consulting.com.

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domenica 23 gennaio 2011

La nostra meritata Ruby

- Ma com'è questa Ruby, che dice che si è fatta pagare per parlare e per tacere, che ha chiesto 5 milioni di euro e non si sa se li ha presi, che dice e non dice, nega e ammette, tracheggia e bamboleggia? Insomma, a chi risponde? E di cosa?
- Vedi, ogni popolo... ha le mignotte che si merita.

domenica 9 gennaio 2011

Smisurata preghiera

"per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
col suo marchio speciale di speciale disperazione
e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi
per consegnare alla morte una goccia di splendore
di umanità, di verità

per chi ad Aqaba curò la lebbra con uno scettro posticcio
e seminò il suo passaggio di gelosie devastatrici e di figli
con improbabili nomi di cantanti di tango
in un vasto programma di eternità

ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti

come una svista
come un'anomalia
come una distrazione
come un dovere"

... è molto bella anche dall'inizio, ma questa seconda metà mi fa venire i brividi, soprattutto la prima strofa e la chiusura. Mi ci ritrovo molto ed è l'ultima composizione che Fabrizio De Andrè ci ha lasciato: il suo ultimo testamento, il più vero, forse.

(per chi non sa da dove viene - accade - il titolo del post è il titolo della canzone, che è l'ultima di Anime Salve... auguri di salvezza anche a te che mi leggi). Comunque eccola qui, e pure tutta:

sabato 8 gennaio 2011

Sempre nuovo (Vita Nova)

"I significati devono essere costantamente riletti e ricompresi."

Heinrich Zimmer, Il re e il cadavere, pag. 16

Heinrich Zimmer, un grande studioso di cultura indiana molto amato dall’insigne mitografo John Campbell, ci parla nel suo postumo “Il re e il cadavere” della relazione tra il dilettantismo, la generatività propria dei simboli e la necessità del rinnovamento continuo. “La caratteristica del dilettante infatti” scrive Zimmer “ sta nel dilettarsi della natura sempre preliminare della sua comprensione, che non raggiungerà mai il suo culmine. Ma è proprio questo, in definitiva, l’unico atteggiamento corretto di fronte alle figure che ci sono giunte dal passato più lontano”, continua lo studioso alludendo ai capolavori della grande narrativa universale, da Omero alle fiabe della tradizione popolare. “Sono loro”, prosegue, “gli eterni oracoli della vita. Devono essere interrogati e consultati daccapo a ogni epoca, e ogni epoca li avvicina col suo tipo di ignoranza e di comprensione, la sua serie di problematiche, le sue imprescindibili domande. Poiché le trame della vita che noi del nostro tempo dobbiamo tessere non sono quelle di nesuna altra epoca, i fili da intrecciare e i nodi da sciogliere sono molto diversi da quelli del passato. Le risposte già date, perciò, non ci possono servire. Le potenze devono essere riconsultate direttamente – di nuovo, e poi di nuovo ancora. Il nostro compito principale sta nell’apprendere non tanto quanto si dice esse abbiano detto, quanto il modo di avvicinarci a loro, il modo di evocare da loro nuove parole, e poi capirle.Di fronte a un simile compito, dobbiamo restare tutti dilettanti, che ci piaccia o no”.

Quello che voglio proporre è di pensare non solo le “figure che ci sono giunte dal passato più lontano” come tali “oracoli” da consultare e riconsultare sempre, ma di considerare così, quali inesauribili generatori di significati, anche i concetti o le idee (tralascio la disquisizione teoretica sulla differenza tra i due). Mi rendo conto che ciò implica da una parte equiparare, per scendere al particolare, il concetto di “giustizia” all’omonimo arcano maggiore dei tarocchi e, dall’altra, generalizzando, avvicinare molto, o addirittura sovrapporre nozioni tra loro distanti come quella di concetto e quella di simbolo (da intendersi qui nella sua accezione junghiana, romantica, ermeneutica, come tesoro inesauribile di un sovrappiù di senso mai del tutto espresso). E mi rendo conto che questa equivalenza è molto arrischiata. Tuttavia, evitando per ora di addentrarsi in analisi teoriche, l’esperienza del sempre nuovo riscoprire un concetto, di ritrovarlo rivestito di nuovi panni, di riscoprirlo ogni volta uguale e insieme diverso a partire dal tipo di interrogazione che gli poniamo, è un’esperienza comune nelle pratiche filosofiche. Anzi è forse l’esperienza più tipica di queste pratiche. In ciò tra l'altro è racchiuso uno dei sensi del titolo di questo blog: Vita Nova.

Filosofia per tutti

"(...) una proposta concreta: c'è un'istituzione, accademica o no, che è pronta a fare una mossa decisamente "forte" - a fondare (...) un centro studi sulla filosofia italiana nel quale, oltre a portare alla luce l'attualità della nostra tradizione ci si occupi anche, come obiettivo di minima, di renderla e mantenerla presente nel pubblico dominio?"

Ermanno Bencivenga, La filosofia come strumento di liberazione (pag. 204)

Sono d'accordo... qualcuno mi dà una mano? Magari lo dico a Bencivenga stesso: se lo propone vorrà anche farlo...

domenica 2 gennaio 2011

Opinioni e politica

"Avere opinioni adeguate (epieikos doxazein) su ciò che è utile è più importante di avere scienza esatta (akribos epistasthai) su ciò che è inutile." (Hel. § 5) E' un detto accreditato a Isocrate (l'orazione da cui è tratto è Elena), che fu un avversario di Platone, con il grande merito di focalizzare il proprio filosofare su quanto utile da un punto di vista pratico, ovvero, secondo lui, sull'opinione (doxa) - in contrasto con la sedicente episteme (scienza certa) di Platone. Ora, se è vero che per noi oggi di certezze non se ne parla più, e dunque il modello matematico e geometrico di certezza proprio del platonismo non è più modello del sapere, resta che, secondo quanto dice Isocrate, siccome il criterio è l'utile (con modalità non distanti dal pragmatismo di Dewey e compagnia), allora si pone il problema: come stabiliamo cosa è utile e cosa è inutile? Secondo quali criteri? E utile o inutile per chi o per cosa? Il che ci rimanda, d'accordo con Isocrate, a una questione che è fin da subito eminentemente politica...

Amore mio

“Amore mio, non ho parole per scrivere questa lettera… la sto scrivendo nel vuoto dello spazio. Forse al tuo ritorno non mi troverai. Allora questa lettera sarà per te il mio unico ricordo… La vita può davvero essere lunga. Com’è duro e lento per noi questo destino di morire soli. Come può questo destino toccare a due esseri inseparabili? Cuccioli e infanti, quando ce lo siamo meritato? Tu hai meritato questo, angelo mio? Tutto continua come prima. Non so nulla. Sì, invece, so tutto… ogni giorno, ogni ora della tua vita mi appaiono chiari e distinti come in un delirio… Nel mio ultimo sogno ti compravo del cibo in un sordido ristorante d’albergo. Gli uomini intorno a me erano perfetti sconosciuti. Dopo averlo comprato mi rendevo conto che non sapevo dove portarlo, perché non so dove sei… Quando mi sono svegliata ho detto a Sura: “Osia è morto”. Io non lo so se tu vivi ancora, ma dopo quel sogno ho perduto ogni tua traccia. Non so dove ti trovi. Mi puoi sentire? Sai quanto ti amo? Non potrei mai dirti quanto ti amo. Neanche ora riesco. Parlo con te, solo con te. Tu mi sei sempre accanto, e io che sono sempre stata così dura e irascibile, e non ho mai saputo piangere semplici lacrime… ora io piango e piango e piango ancora… Sono io: Nadia. Dove sei tu?”

Da una lettera di Nadeźda Mandel’štam a Osip Mandel’ štam, datata 22 Ottobre 1938 e mai spedita…

Mi viene da piangere, anche a me. L’ho riportata perché penso che ci faccia capire cos’è l’amore. Ma devo anche ringraziare Paul Auster: è lui che ci fa conoscere questo pianto, quest’assenza presente, nell’ultima pagina di un grande libro: L’invenzione della solitudine. Il vero amore comporta solitudine?