Sono un consulente aziendale, un coach e un consulente filosofico. Mi occupo di persone e organizzazioni. Qui scrivo di come cambiare le une e le altre. In particolare, ma non solo, con le pratiche filosofiche. Perchè, come dice Wittgenstein, "compito della filosofia è mostrare alla mosca come uscire dalla bottiglia". E... giusto per essere chiari: qui le mosche siamo noi. Per chi desidera scrivermi c'è l'e-mail paolo.cervari@gmail.com, mentre per saperne di più su ciò che faccio c'è www.cervari-consulting.com.

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domenica 31 gennaio 2010

Metasuperiorità

"Un pilota superiore è quello che usa il suo superiore giudizio per evitare di usare le sue superiori capacità".

Fernando Giancotti, Testimonianze e complessità, in "Il project management emergente"

Conversazione con Pier Luigi Celli

Qualche giorno fa sono stato a Roma, alla Luiss, a parlare con Pier Luigi Celli. Ero con Neri Pollastri, coautore con me di un futuro libro sulle Pratiche Filosofiche per le organizzazioni per le edizioni di Apogeo. E proprio questo era l’argomento di cui trattare con Celli. Che è stato molto gentile, in primo luogo a riceverci, e poi a dialogare. Lo ha fatto in modo diretto, chiaro e perspicuo. E ci ha rincuorato, senza averne l’intento, perché ci ha detto che secondo lui oggi temi quali la compartecipazione, la condivisione dei valori, il senso di appartenenza, le modalità – complesse – di stare nelle organizzazioni (ci ha parlato di persone che stanno sui confini), il senso di ciò che si fa… sono temi che colgono l’interesse delle aziende. “Le aziende hanno un pensiero produttivo” ci ha detto, quasi a metterci in guardia. Tuttavia qualche spiraglio si presenta. Va notato che l’uomo, quando gli abbiamo parlato di ciò che facciamo, ci ha detto, anzi raccontato, di avere fatto lui stesso cose simili. “La prima cosa che ho cercato di fare è farli leggere”, dice riferendosi ai manager. “Un manager di solito ha letto poco, specialmente romanzi. Ma come fai a capire le cose della vita se non hai letto dei romanzi? Cominciavo con romanzi che parlavano un poco di realtà aziendale, così si interessavano di più… ad alcuni suggerivo romanzi storici e libri di storia”. D’altronde va detto che uno degli ultimi libri di Pier Luigi Celli, Come si maneggia il mondo, è frutto di una serie di gruppi di discussione fatti coi suoi studenti. “Venivano qui” dice indicando il tavolo del suo studio. Il libro è molto bello e si capisce che è frutto di un vero lavoro di riflessione comune: lo dico perchè l’ho letto in treno tornando. Me lo ha regalato lui. Un grande uomo, se posso permettermi, come peraltro già ben si capiva da Comandare è fottere, di cui gli ho parlato. “Dottor Celli” gli ho detto, “il libro è bellissimo, ma lei saprà bene che se lei ha fatto come Machiavelli secondo Foscolo, ovvero quello che ‘temprando lo scettro ai regnatori gli onor ne sfronda’, in realtà temo che pochi lo abbiano capito...”. “Ha ragione”, mi ha risposto, “molti hanno pensato che fosse un libro di consigli”. Leggetelo. E rabbrividite.

lunedì 25 gennaio 2010

Avatar

Chi amiamo? Noi stessi? Un altro? Degli altri? Un tutto? E cosa ci tocca passare e subire e capire per saperlo? Di questo parla questo film. Scordatevi le semplicistiche polemiche sciocchine sul far west, gli indiani, i buoni e i cattivi e quant’altro su cui insistono molti – compreso Mereghetti - a proposito di “Avatar”. Perché l’essenziale sta nel titolo: maschera, incarnazione, l’antica latina (il termine è sanscrito) “persona”. Ovvero, per dirla veloce: ti giochi, ti spendi, autenticamente e davvero, come un altro. Vale a dire che reciti sempre e per forza… te stesso. E questo per l’appunto accade al nostro protagonista, Jack Sully, marine semplice, uno come noi, un uomo costretto su una sedia a rotelle che per un colpo beffardo del destino si ritrova a potersi infilare nella mente e nel lavoro di suo fratello gemello. Hanno lo stesso DNA, questo è quello che conta per l’esercito e per il governo della Terra, e perciò il nostro Jack Sully (sei tu, non dimenticarlo) è pronto a sostituire il gemello morto nella “guida” di un altro, un avatar, una totale e coinvolgente incarnazione di sé nel corpo e nella mente di un alieno. Lo scopo è conoscere e comprendere questi ragazzi, alti tre metri, con ossa irrobustite a fibre di carbonio e capaci di una perfetta armonia col pianeta in cui vivono. Con una mela avvelenata sottostante però, perchè la posta in gioco è un minerale maledettamente prezioso: venti milioni di dollari al chilo. Il nostro Jack si ritrova dunque a giocare in un gioco perverso e cattivo: si fa accettare dagli alieni e inizia con loro un percorso di iniziazione, sotto la guida della figlia del capo, segnata dal fatto che all’inizio della vicenda si è ritrovata per passione a salvargli al vita. “Perché l’hai fatto?” le chiede Jack subito dopo. “Tu hai un gran cuore e non hai avuto paura” è la risposta. Così comincia per Jack un’ascesi schizoide dove quando dorme come umano è un alieno, e viceversa. E intanto si diverte, sviluppa e altera sempre di più. Impara a conoscere la foresta, a saltare da un albero all’altro, a cavalcare creature a sei zampe e volare in groppa a rettili assassini che ti riconoscono come cavaliere cercando di ucciderti. E con tutti questi animali, e con le piante, quello che conta è “il legame”, che si manifesta materialmente: è un intreccio di fili, pseudopodi, piccoli tentacoli che si uniscono per fondere tra loro intenzioni, sensazioni ed emozioni degli esseri. Il problema è ovviamente che i “padroni” di Jack non la vivono come lui. Per loro l’essenziale sono le preziosissime pietre e pazienza per la vita edenica ed ecologica dei ragazzi. Ma non hanno previsto che Jack ormai li ama, e non solo loro, ma soprattutto lei, che diventa la sua sposa. A questo punto il dramma si scatena e Jack farà le sue scelte, trascinando con sé alcuni compagni umani. Perché quello che conta è la vita, non la provenienza. “Come ci si sente a tradire la propria razza?” chiede a Jack il generale dei marines ripreso pari pari da Apocalypse Now. Jack non risponde, salta sul suo drago volante di eccezionale, epocale, grandezza e vola a salvare il popolo, ormai suo, degli alieni. E’ guerra, per giustizia. Cosa capisce in questa avventura colui che potresti esser tu? Un sacco di cose: cos’è l’amore, cos’è l’appartenenza, cosa sono le scelte, cos’è il Bene, come ti marchia nella carne essere un leader, cosa significa tradire e a che prezzo vale la pena di farlo… e tantissime altre cose ancora. Una tra tutte vorrei scegliere e ricordare: che quello che siamo è definito dagli altri, da quelli che amiamo e che ci vogliono amare, che la vita è una serie di sorprese con il grande merito di rivelarci chi siamo. E che se c’è una guida, un destino, non è certo deciso prima… la Grande Madre, dice la ragazza a un certo punto, “non prende mai le parti di nessuno, ma tutela l’equilibrio della vita”. Che però ha delle regole, e penso, opino, con il regista e sceneggiatore, il grandissimo Cameron, che una di esse sia l’amore. Dedicato a chi non ha paura di scoprire che sapere per cosa vale la pena di vivere significa capire per cosa vale la pena di morire. I nostri amici alieni lo sapevano, Jack Sully l’ha capito. Ti auguro, mio avatar, altrettanto.

martedì 12 gennaio 2010

Steve Jobs ha detto

Nel precedente post ho citato il discorso di Stanford di Steve Jobs. Eccone il succo:

"Certamente all’epoca in cui ero all’università era impossibile unire i puntini guardando al futuro.

Ma è diventato molto, molto chiaro dieci anni dopo, quando ho potuto guardare all’indietro.
Non è possibile unire i puntini guardando avanti, potete unirli solo guardandovi indietro.
Così dovete avere fiducia che, in qualche modo, nel futuro, i puntini si potranno unire.
Dovete credere in qualcosa – il vostro intuito, il destino, il karma, qualsiasi cosa.
Quest’approccio non mi ha mai lasciato a piedi. E ha sempre fatto la differenza nella mia vita."

Steve Jobs
Discorso all’Università di Stanford, 12 Giugno 2005

A me piace perchè è una delle formulazioni più chiare che abbia mai trovato della sovradeterminazione del senso (concetto di Freud) ovvero della sua determinazione posteriore (nachtraglickeit) . Per dirla in modo ancora più facile: il senso di quello che fai lo saprai solo dopo. Ma perchè prima... non c'è. Si fa, per così dire, per strada. Per fare ancora gli eruditi, c'è una bella immagine di Walter Benjamin, famosa: l'angelo della storia, l'Angelus Novus, che procede nel futuro guardandosi all'indietro. Facciamo tutti così. E se ci girassimo, ogni tanto?