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sabato 22 dicembre 2012
Non possediamo la verità
Friedrich Nietzsche
Frammenti postumi, primavera 1880
venerdì 21 dicembre 2012
Doing What Works: Forward in Solution-Focused Change: 21 Solution-Focused Techniques
giovedì 20 dicembre 2012
Bellezza
La vita felice
Rainer Maria Rilke
lettera a F.X. Kapus 17 02 1903
Doing What Works: Forward in Solution-Focused Change: Best posts of 2012
sabato 15 dicembre 2012
Se è falso allora è vero
Platone: "Socrate ha detto il vero nella frase precedente".
Pensateci sopra e fatevi venire il mal di testa. Lo ha inventato il tipo famoso per l'asino che muore perché non sa decidersi se mangiare la balla di fieno di destra o quella di sinistra: Giovanni Buridano, vissuto nel XIV° secolo, che con quella storiella dell'asino voleva dimostrare la differenza tra animali e uomini, ma che con questa nuova versione dell'antico paradosso del mentitore ("Io mento") in realtà ci rende tutti alla stregua di asini, obbligati a rimbalzare per sempre da una frase all'altra, perché se una di esse è vera, allora è falsa, e se è falsa è vera. L'interesse per la storia della logica sta nel fatto che estrae il paradosso del mentitore dall'ambito dell'autorefenzialismo (non è più lo stesso soggetto parlante a riferirsi a se stesso). L'interesse per noi qui è che cose del genere pare stiano alla base di qualunque sistema simbolico complesso, comprese ovviamente le organizzazioni sociali.
venerdì 9 novembre 2012
La mafia vale il 10% del PIL
E' molto bello orientarsi alle soluzioni e al design driven, non sto ironizzando. Tuttavia è anche fondamentale chiarire i vincoli. In Italia il giro d'affari della malavita organizzata vale, secondo ampio consensus, tra il 10 e il 12% del PIL, con margini del 100%. Credo che questo sia un vincolo. Come scardinarlo? Mi spiego meglio, perchè non vorrei suscitare storming valoriali e futili: è una quota molto maggiore di altri paesi, i cinesi per esempio sono molto più bravi a gestire il problema, che pesa molto meno sul loro PIL, e genera, da noi, una liquidità proporzionalmente impressionante - e di questi tempi con capacità di influenzamento sempre maggiore: nessuno ha soldi e quindi articolo quinto (chi ha in mano i soldi ha vinto!). Con questa forza (il 5% del PIL in cash) si può fare quasi ogni cosa, tra cui gestire il parlamento e l'esecutivo. Questo è il motivo per cui chiunque acceda a ruoli di potere si omologa a un sistema di connivenze che ha come risultato quello che sappiamo - dalle banche in Romania agli accordi con Putin, e non è una questione di parrocchie. Se vale un criterio olografico, ho fatto l'amministratore locale e vi assicuro che non si muove foglia che a dar giusto riscontro non voglia e che ad andare con lo zoppo si impara a zoppicare... e se non impari ricevi (da noi e oggi elegantemente) proposte che non si possono rifiutare. La casta non si è formata per caso. Se qualcuno sa come fare per riconfigurare questo shape.... lo dica. Io non lo so.
Per chi lo desidera e accede a linkedin, può seguire il dibattito qui.
lunedì 15 ottobre 2012
Sono le idee che fanno il mondo
domenica 16 settembre 2012
Sono eccezionale... vero?
sabato 14 luglio 2012
Aziende senza manager
lunedì 28 maggio 2012
"Novazione" e "Innovazione", una questione di sostanza
martedì 22 maggio 2012
Verso una leadership filosofica
Morte e Vita
Non è per morire che penso alla mia morte. E' per vivere.
André Malraux
mercoledì 9 maggio 2012
domenica 6 maggio 2012
Le grandi sfide per il management del XXI secolo – 10
sabato 5 maggio 2012
Mindfulness è vacanza
mercoledì 2 maggio 2012
martedì 1 maggio 2012
Le grandi sfide per il management del XXI secolo – 9
venerdì 13 aprile 2012
Verità, bellezza, bontà
Ho letto questo libro di Howard Gardner, motivato dall’autorevolezza dell’autore, memore delle tesi di Formae mentis, un saggio sulla pluralità dell'intelligenza che mi ha trovato sostanzialmente d’accordo, e motivato pure, altresì, dalla coincidenza tra il titolo e i temi fondamentali della mia riflessione, e della riflessione filosofica nel suo insieme. Peraltro il sottotitolo del saggio: “educare alle virtù nel ventunesimo secolo” mi affascinava e speravo che il grande, davvero grande, intellettuale americano, uno di quelli capaci, come Noam Chomsky o George Steiner, di svariare tra le pieghe della cultura internazionale con uno sguardo d’insieme che spesso i solo europei non riescono ad applicare, ci desse qualche lume su questioni e problemi che interessano l’umanità più o meno da quando esiste. Ma sono rimasto deluso. Perché? Per due motivi. In primo luogo Gardner, attenendosi a uno stile analitico (da filosofia analitica, tipicamente anglosassone) rigoroso ma un po’ scabro e addirittura a volte noioso, non ci dà molto di più di quanto già sappiamo: la verità è fondamentale perché se mentiamo o pensiamo fesserie ci facciamo del male; la bontà è ciò che in fin dei conti, al di là delle diverse variazioni contestuali e culturali, tutti noi richiediamo agli altri e noi stessi, e su cui siamo in fondo abbastanza d’accordo quanto ai parametri fondamentali (non uccidere senza motivo, non fare i bastardi, mantenere gli impegni eccetera); la bellezza, il fascino della bellezza, ci interessa e ci motiva, anche se, ahimè, non siamo facilmente d’accordo su cosa sia bello oppure no. Tutto vero. Ma tutto qui? Ora, io penso che il vero interesse di mettere a tema questi concetti non stia tanto nella disanima separata del loro singolo status, ma nei collegamenti tra loro. E qui risiede il secondo motivo della mia delusione. Se infatti ha senso per noi preoccuparci di questi concetti o valori è perché ci dicono qualcosa di fondamentale su di noi, su ciò che veramente ci sta a cuore. E cosa ci interpella davvero al riguardo? Che la verità, la bellezza e la bontà in qualche modo si rispecchiano e si riverberano, ovvero sono, in fondo, per certi versi, la stessa cosa. Pensiamoci insieme. Una cosa vera non è forse anche un cosa buona? O meglio, come pensare che una menzogna o un errore siano una cosa buona? Le relazioni, spesso identitarie, tra etica e conoscenza sono un grande tema della riflessione filosofica, da Platone, anzi da Socrate, e forse da prima, in poi. Ed è pure vero che verità e giustizia (o bontà) a partire dall’età moderna sono state separate, e non solo per motivi surrettizi o storicamente determinati, perché è vero (vero) che una verità non è sempre buona (per esempio che hai una brutta malattia è vero, ma non è buono). Tuttavia resta il fatto che per ognuno di noi la verità è un parametro per decidere della bontà (o della giustizia) tant’è vero che nei tribunali si cerca di accertare la verità allo scopo di stabilire dove sta il bene e dove sta il male. Ma il vero grande assente in questo plesso problematico è il concetto di bellezza. Non voglio tirarla per le lunghe e ricorro a un aneddoto che cito spesso: dice Gregory Bateson (un altro grande intellettuale americano) che è molto facile capire qual è il capo di un branco di lupi. E’ il più bello. I greci dicevano kalos kai agathos, bello e buono. E Stendhal diceva che la bellezza è promessa di felicità. Come dire: la bellezza è armonia, e l’armonia è segno efficace di rapporti ben formati con l’ambiente, ovvero di giustizia e bontà, riconosciute come verità da chi vi è implicato. Ora, so perfettamente che procedere in modo acritico su questa strada ci riporta credere in Dio (che è vero, buono e bello) e sembra riproporre modelli propri di una società teocratica. Ma sta di fatto che qualcosa abbiamo perduto, e ne soffriamo. Ricomporre l’infranto (come diceva Benjamin)? Si, certo, perché l’infranto è l’inferno. Ma senza cedere alle lusinghe della totalitarietà. Perché se verità, bellezza e bontà alludono, nei loro diversi aspetti, a un Uno che le unisce e ne rende ragione, niente e nessuno sa a priori qual è. Non ci resta che costruirlo insieme.
giovedì 22 marzo 2012
The cluetrain manifesto
- I mercati sono conversazioni.
- I mercati sono fatti di esseri umani, non di segmenti demografici.
- Le conversazioni tra esseri umani suonano umane. E si svolgono con voce umana.
- Sia che fornisca informazioni, opinioni, scenari, argomenti contro o divertenti digressioni, la voce umana è sostanzialmente aperta, naturale, non artificiosa.
- Le persone si riconoscono l’un l’altra come tali dal suono di questa voce.
- Internet permette delle conversazioni tra esseri umani che erano semplicemente impossibili nell’era dei mass media.
- Gli iperlink sovvertono la gerarchia.
- Sia nei mercati interconnessi che tra i dipendenti delle aziende intraconnessi, le persone si parlano in un nuovo modo. Molto più efficace.
- Queste conversazioni in rete stanno facendo nascere nuove forme di organizzazione sociale e un nuovo scambio della conoscenza.
- Il risultato è che i mercati stanno diventando più intelligenti, più informati, più organizzati. Partecipare a un mercato in rete cambia profondamente le persone.
- Le persone nei mercati in rete sono riuscite a capire che possono ottenere informazioni e sostegno più tra di loro, che da chi vende. Lo stesso vale per la retorica aziendale circa il valore aggiunto ai loro prodotti di base.
- Non ci sono segreti. Il mercato online conosce i prodotti meglio delle aziende che li fanno. E se una cosa è buona o cattiva, comunque lo dicono a tutti.
- Ciò che accade ai mercati accade anche a chi lavora nelle aziende. L’entità metafisica chiamata "L’Azienda" è la sola cosa che li divide.
- Le aziende non parlano con la stessa voce di queste nuove conversazioni in rete. Vogliono rivolgersi a un pubblico online, ma la loro voce suona vuota, piatta, letteralmente inumana.
- Appena tra qualche anno, l’attuale "omogeneizzata" voce del business – il suono della missione aziendale e delle brochures – sembrerà artefatta e artificiale quanto il linguaggio della corte francese nel settecento.
- Le aziende che parlano il linguaggio dei ciarlatani già oggi non stanno più parlando a nessuno.
- Se le aziende pensano che i loro mercati online siano gli stessi che guardavano le loro pubblicità in televisione, si stanno prendendo in giro da sole.
- Le aziende che non capiscono che i loro mercati sono ormai una rete tra singoli individui, sempre più intelligenti e coinvolti, stanno perdendo la loro migliore occasione.
- Le aziende possono ora comunicare direttamente con i loro mercati. Se non lo capiscono, potrebbe essere la loro ultima occasione.
- Le aziende devono capire che i loro mercati ridono spesso. Di loro.
- Le aziende dovrebbero rilassarsi e prendersi meno sul serio. Hanno bisogno di un po’ di senso dell’umorismo.
- Avere senso dell’umorismo non significa mettere le barzellette nel sito web aziendale. Piuttosto, avere dei valori, un po’ di umiltà, parlar chiaro e un onesto punto di vista.
- Le aziende che cercano di "posizionarsi" devono prendere posizione. Nel migliore dei casi, su qualcosa che interessi davvero il loro mercato.
- Vanterie ampollose del tipo "Siamo posizionati per essere il primo fornitore di XYZ" non costituiscono un posizionamento.
- Le aziende devono scendere dalla loro torre d’avorio e parlare con la gente con la quale vogliono entrare in contatto.
- Le Pubbliche Relazioni non si relazionano con il pubblico. Le aziende hanno una paura tremenda dei loro mercati.
- Parlando con un linguaggio lontano, poco invitante, arrogante, tengono i mercati alla larga.
- Molti programmi di marketing si basano sulla paura che il mercato possa vedere cosa succede realmente all’interno delle aziende.
- Elvis l’ha detto meglio di tutti: "Non possiamo andare avanti sospettandoci a vicenda".
- La fedeltà a una marca è la versione aziendale della coppia fissa, ma la rottura è inevitabile ed è in arrivo. Poiché sono in rete, i mercati intelligenti possono rinegoziare la relazione con incredibile rapidità.
- I mercati in rete possono cambiare fornitore dalla sera alla mattina. I lavoratori della conoscenza in rete possono cambiare datore di lavoro nel tempo dell’intervallo del pranzo. Le vostre "iniziative di downsizing" ci hanno insegnato a domandarci "La fedeltà? Cos’è?"
- I mercati intelligenti troveranno i fornitori che parlano il loro stesso linguaggio.
- Imparare a parlare con voce umana non è un gioco di società. E non può essere improvvisato a un qualsiasi convegno solo per darsi un tono.
- Per parlare con voce umana, le aziende devono condividere i problemi della loro comunità.
- Ma prima, devono appartenere a una comunità.
- Le aziende devono chiedersi dove finisce la loro cultura di impresa.
- Se la loro cultura finisce prima che inizi la comunità, allora non hanno mercato.
- Le comunità umane sono basate sulla comunicazione – su discorsi umani su problemi umani.
- La comunità della comunicazione è il mercato.
- Le aziende che non appartengono a una comunità della comunicazione sono destinate a morire.
- Le aziende fanno della sicurezza una religione, ma si tratta in gran parte di una manovra diversiva. Più che dai concorrenti, la maggior parte si difende dal mercato e dai suoi stessi dipendenti.
- Come per i mercati in rete, le persone si parlano direttamente anche dentro l’azienda – e non proprio di regole e regolamenti, comunicazioni della direzione, profitti e perdite.
- Queste conversazioni si svolgono oggi sulle intranet aziendali. Ma solo quando ci sono le condizioni.
- Di solito le aziende impongono l’intranet dall’alto, per distribuire documenti sulla politica del personale e altre informazioni aziendali che i dipendenti fanno del loro meglio per ignorare.
- Le intranet emanano noia. Le migliori sono quelle costruite dal basso da singole persone che si impegnano per dare vita a qualcosa di molto più valido: una conversazione aziendale in rete.
- Una intranet in buona salute organizza i dipendenti nel più ampio significato del termine. Il suo effetto è più radicale di qualsiasi piattaforma sindacale.
- Se questo spaventa a morte le aziende, è pur vero che esse dipendono fortemente dalle intranet aperte per far emergere e condividere le conoscenze più importanti. Devono resistere all’impulso di "migliorare" o tenere sotto controllo queste conversazioni in rete.
- Quando le intranet aziendali non sono condizionate da timori o da un eccesso di regole, incoraggiano un tipo di conversazione molto simile a quella dei mercati in rete.
- Gli organigrammi funzionavano nella vecchia economia, in cui i piani dovevano essere ben compresi da tutta la piramide gerarchica e dettagliati piani di lavoro potevano scendere dall’alto.
- Oggi, l’organigramma è fatto di link, non di gerarchie. Il rispetto per la conoscenza vince su quello per l’autorità astratta.
- Gli stili di management basati sul comando e sul controllo derivano dalla burocrazia e al tempo stesso la rafforzano. Il risultato sono la lotta per il potere e una cultura di impresa paranoica.
- La paranoia uccide la conversazione. Questo è il punto. Ma la mancanza di conversazione uccide le aziende.
- Ci sono due conversazioni in corso. Una all’interno dell’azienda, l’altra con il mercato.
- Nessuna delle due va bene, nella maggior parte dei casi. Quasi sempre, alla base del fallimento ci sono le vecchie idee di comando e controllo.
- Come politica di impresa, queste idee sono velenose. Come strumenti, sono fuori uso. Comando e controllo sono visti con ostilità dai lavoratori della conoscenza e con sfiducia dai mercati online.
- Queste due conversazioni vogliono parlare l’una con l’altra. Parlano lo stesso linguaggio. Si riconoscono l’un l’altra dalla voce.
- Le aziende intelligenti si faranno da parte per far accadere l’inevitabile il prima possibile.
- Se la volontà di farsi da parte è presa come parametro del quoziente di intelligenza, allora veramente poche aziende si mostrano rinsavite.
- Seppur subliminalmente, milioni di persone sulla rete percepiscono ormai le aziende come strane finzioni legali che fanno di tutto perché queste due conversazioni non si incontrino.
- Questo è suicidio. I mercati vogliono parlare con le aziende.
- E’ triste, ma la parte di azienda con cui i mercati vogliono parlare è spesso nascosta dietro una cortina di fumo, il cui linguaggio suona falso – e spesso lo è.
- I mercati non vogliono parlare con ciarlatani e venditori ambulanti. Vogliono partecipare alle conversazioni che si svolgono dietro i firewall delle aziende.
- Sveliamoci e parliamo di noi: quei mercati siamo Noi. Vogliamo parlare con voi.
- Vogliamo accedere alle vostre informazioni, ai vostri progetti, alle vostre strategie, ai vostri migliori cervelli, alle vostre vere conoscenze. Non ci accontentiamo delle vostre brochures a 4 colori, né dei vostri siti Internet sovraccarichi di bella grafica ma senza alcuna sostanza.
- Noi siamo anche i dipendenti che fanno andare avanti le vostre aziende. Vogliamo parlare ai clienti direttamente, con le nostre voci e non con i luoghi comuni delle brochures.
- Come mercati, come dipendenti, siamo stufi a morte di ottenere le informazioni da un lontano ente di controllo.
- Come mercati, come dipendenti, ci domandiamo perché non ci ascoltate. Sembrate parlare una lingua diversa.
- Il linguaggio tronfio e gonfio con cui parlate in giro – nella stampa, ai congressi – cosa ha a che fare con noi?
- Forse fate una certa impressione sugli investitori. Forse fate una certa impressione in Borsa. Ma su di noi non fate alcuna impressione.
- Se non fate alcuna impressione su di noi, i vostri investitori possono andare a fare un bagno. Non lo capiscono? Se lo capissero, non vi lascerebbero parlare così.
- Le vostre vecchie idee di "mercato" ci fanno alzare gli occhi al cielo. Non ci riconosciamo nelle vostre previsioni – forse perché sappiamo di stare già da un’altra parte.
- Questo nuovo mercato ci piace molto di più. In effetti, lo stiamo creando noi.
- Siete invitati, ma è il nostro mondo. Levatevi le scarpe sulla soglia. Se volete trattare con noi, scendete dal cammello.
- Siamo immuni dalla pubblicità. Semplicemente dimenticatela.
- Se volete che parliamo con voi, diteci qualcosa. Tanto per cambiare, fate qualcosa di interessante.
- Abbiamo qualche idea anche per voi: alcuni nuovi strumenti, alcuni nuovi servizi. Roba che pagheremmo volentieri. Avete un minuto?
- Siete troppo occupati nel vostro business per rispondere a un’e-mail? Oh, spiacenti, torneremo. Forse.
- Volete i nostri soldi? Noi vogliamo la vostra attenzione.
- Interrompete il viaggio, uscite da quell’auto-coinvolgimento nevrotico, venite alla festa.
- Niente paura, potete ancora fare soldi. A patto che non sia l’unica cosa che avete in mente.
- Avete notato che di per sé i soldi sono qualcosa di noioso e a una sola dimensione? Di cos’altro possiamo parlare?
- Il vostro prodotto si è rotto. Perché? Vorremmo parlare col tipo che l’ha fatto. La vostra strategia aziendale non significa niente. Vorremmo scambiare due parole con l’amministratore delegato. Che vuol dire che "non c’è"?
- Vogliamo che prendiate sul serio 50 milioni di noi almeno quanto prendete sul serio un solo reporter del Wall Street Journal.
- Conosciamo alcune persone della vostra azienda. Sono piuttosto bravi online. Ne nascondete altri, di bravi? Possono uscire ed entrare in gioco anche loro?
- Quando abbiamo delle domande, ci cerchiamo l’un l’altro per le risposte. Se non esercitaste un tale controllo sulle "vostre persone", sarebbero anche loro tra le persone che cercheremmo.
- Quando non siamo occupati a fare il vostro "mercato target", molti di noi sono le vostre persone. Preferiamo chiacchierare online con gli amici che guardare l’orologio. Questo farebbe conoscere il vostro nome molto di più del vostro sito internet da un milione di dollari. Ma siete voi a dirci che è la Divisione Marketing che deve parlare al mercato.
- Ci piacerebbe che sapeste cosa sta succedendo qui. Sarebbe davvero bello. Ma sarebbe un grave errore pensare che ce ne stiamo con le mani in mano.
- Abbiamo di meglio da fare che preoccuparci se riuscirete a cambiare in tempo. Il business è solo una parte della nostra vita. Sembra essere invece tutta la vostra. Pensateci: chi ha bisogno di chi?
- Il nostro potere è reale e lo sappiamo. Se non riuscite a vedere la luce alla fine del tunnel, arriverà qualcuno più attento, più interessante, più divertente con cui giocare.
- Anche nel peggiore dei casi, la nostra nuova conversazione è più interessante della maggior parte delle fiere commerciali, più divertente di ogni sitcom televisiva, e certamente più vicina alla vita di qualsiasi sito web aziendale.
- Siamo leali verso noi stessi, - i nostri amici, i nostri nuovi alleati, i nostri conoscenti, persino verso i nostri compagni di battute. Le aziende che non fanno parte di questo mondo non hanno nemmeno un futuro.
- Le aziende stanno spendendo miliardi di dollari per il problema dell’Anno 2000. Come fanno a non sentire la bomba a orologeria nei loro mercati? La posta in gioco è persino più alta.
- Siamo dentro e fuori le aziende. I confini delle nostre conversazioni sembrano il Muro di Berlino di oggi, ma in realtà sono solo una seccatura. Sappiamo che stanno crollando. Lavoreremo da entrambe le parti per farle venire giù.
- Alle aziende tradizionali le conversazioni online possono sembrare confuse. Ma ci stiamo organizzando più rapidamente di loro. Abbiamo strumenti migliori, più idee nuove, nessuna regola che ci rallenti.
- Ci stiamo svegliando e ci stiamo linkando. Stiamo a guardare, ma non ad aspettare.
domenica 18 marzo 2012
Humanistic Management 2.0: la visione di Gary Hamel
mercoledì 7 marzo 2012
La morte è una seccatura
giovedì 23 febbraio 2012
mercoledì 22 febbraio 2012
L'essenziale
Roberto Bolano, 2666, p. 601
martedì 21 febbraio 2012
giovedì 16 febbraio 2012
lunedì 13 febbraio 2012
The gamification of sex
domenica 12 febbraio 2012
L’“Organizzazione individualizzata” di Bartlett e Ghoshal
Secondo Bartlett e Ghoshal nel contesto economico attuale, caratterizzato da una forte competizione basata sulla conoscenza e sui servizi, la chiave del vantaggio competitivo sta nella creatività e nell’iniziativa delle persone. Di qui il concetto di Organizzazione Individualizzata ovvero un’organizzazione in grado di «valorizzare la conoscenza idiosincratica e le abilità uniche di ogni individuo lavoratore». Secondo i due studiosi, le organizzazioni che intendono realizzare questo obiettivo devono costituirsi intorno a tre macroprocessi decisivi:
1) Il processo di rinnovamento. Affidato ai top manager, consiste nella continua rimessa in discussione delle credenze e delle pratiche che sono alla base delle strategie di business dell’organizzazione. Per fare questo i top manager devono andare oltre i loro compiti tradizionali di disegno delle strategie, definizione di strutture e guida dei sistemi, per occuparsi invece soprattutto di scopi organizzativi, processi organizzativi e sviluppo delle risorse umane (ovvero le “tre p”: purpose, processes, people).
2) Il processo di integrazione. Affidato ai middle manager, consiste nella costruzione di più ampie e diverse capacità organizzative basate sul collegamento delle diverse competenze, allo scopo di massimizzare le potenzialità del capitale sociale e intellettuale dell’organizzazione.
3) Il processo imprenditoriale. Affidato ai front-line manager, consiste nella continua ricerca e sviluppo di nuove opportunità di business e comporta la creazione di piccole unità organizzative dotate di larga autonomia decisionale.
Per tutto quanto sopra cfr. S. Ghoshal, C:A. Bartlett, The Individualized Corporation, London, William Heinemann, 1997. S. Ghoshal, C. A. Bartlett, Changing the role of Top Management: beyond strategy to purpose, in “Harward Business Review”, Novembre Dicembre 1994.
domenica 22 gennaio 2012
Comunità
Le gerarchie sono estremamente efficaci per aggregare lo sforzo. Ma quando bisogna mobilitare le capacità umane, le comunità fanno meglio delle burocrazie.
Gary Hamel Il futuro del management